Zen-Stretching® e introspezione

“Mens sana in corpore sano” è una locuzione di antica saggezza che si rivela sempre attuale.

Partire dalla cura del corpo – “(ri)educarlo” – per migliorare non solo le prestazioni fisiche, ma anche le abilità mentali è una strategia di formazione ed evoluzione universalmente riconosciuta. Per questo le modalità di allenamento sono numerosissime, ognuna con i suoi riferimenti culturali, sempre interessanti e utili da approfondire.

Lo Zen-Stretching® si colloca in questo quadro: parte dal corpo, dal PROPRIO CORPO, con tutte le sue caratteristiche: storia, genere, età, limiti, prestazioni, bisogni, condizioni di salute…

La base teorica proviene dalla cultura orientale, in particolare giapponese, che non conosce la separazione tra mente e corpo, ereditata in Occidente dalla filosofia cartesiana. L’energia che governa il movimento fisico è la e INTROSPEZIONEstessa che sostanzia tutti i livelli vitali della persona, per cui si può ben parlare di allenamento di corpo-mente-spirito.

Anche la modalità di apprendimento ha le caratteristiche della formazione di tipo orientale: si parte da aspetti apparentemente superficiali, più materiali e concreti (il movimento del corpo) per arrivare a un graduale approfondimento delle leggi che governano la circolazione dell’energia con tutte le infinite correlazioni a essa collegate nella vitalità della persona. Nello Zen-Stretching® tutto questo avviene in 5 passi, secondo un andamento ciclico di crescita ed evoluzione senza fine, potendo cioè ricominciare daccapo ma ogni volta a un livello superiore di consapevolezza ed efficacia.

  • 1) Conoscenza
  • 2) Ascolto
  • 3) Accettazione
  • 4) Valutazione
  • 5) Superamento

Per esempio, che un esercizio fisico stimoli prevalentemente la funzione respiratoria non desta alcuna sorpresa, ma che lo stesso esercizio possa far percepire (in base alle sensazioni provate nell’eseguirlo, a confronto con altri) la qualità di questa funzione vitale e anche il proprio sé, i propri confini, le proprie modalità di conoscenza, socializzazione, comunicazione… è forse un po’ meno scontato. Eppure sono proprio questi presupposti della pratica a sottolinearne la validità nel migliorare la percezione di sé. Ma vediamo nel dettaglio i singoli passi.

1) Conoscenza: in molti sensi. Nell’eseguire gli esercizi che lavorano su determinati percorsi energetici, impariamo innanzitutto a conoscerli: non sono posizioni difficili, ma richiedono un’attenzione e una precisione che va oltre la semplice ripetizione, perché il loro significato ed effetto dipende molto dall’accuratezza nell’esecuzione. E l’accuratezza non è frutto soltanto di un’attenta imitazione: si tratta infatti di indurre nel corpo gli stiramenti e le mobilizzazioni che utilizzano e stimolano le opportune catene muscolari lungo le quali corre l’energia vitale. Conoscenza dunque di sé, delle proprie abilità motorie, dell’equilibrio funzionale delle parti corporee, dei propri limiti e vantaggi fisici.

2) Ascolto: riferito alle sensazioni, a volte così sottili e profonde da passare del tutto inosservate, tanto che il nostro corpo talvolta deve utilizzare la voce del dolore fisico per mandarci dei segnali che non possiamo più trascurare. La risposta percettiva del corpo a ciascuna posizione acquista un significato preciso per valutare quali sono gli esercizi più opportuni per la condizione energetica del momento. E poiché energia è sinonimo di mutamento, è necessario allenare la nostra capacità di percezione a un adattamento continuo, senza dare per scontata nessuna reazione.

3) Accettazione: uno dei presupposti principali dello Zen-Stretching® è PARTIRE DA SÉ. L’intento è percepire, riconoscere e stimolare nel modo migliore i nostri percorsi energetici, e da questo punto di vista ognuno di noi è un universo a sé, quali che siano le condizioni psicofisiche. Siamo vivi! Significa che la nostra persona è fatta di energia, che scorre più o meno armoniosamente e fluidamente a seconda della storia e della forma di ognuno. Impariamo quindi ad ascoltare la nostra energia e la guidiamo con sfide possibili e delicate. Contratture, rigidità, malformazioni, insensibilità o eccessiva sensibilità: sono tutte condizioni di partenza, accettando le quali siamo invitati a evolvere in un percorso personale. Gli esercizi proposti nella forma standard non sono che un inizio, sempre adattabili secondo una logica di rispetto della condizione di partenza e di ricerca dei percorsi energetici su di sé.

4) Valutazione: in senso positivo. Vuol dire essere in grado di discriminare i livelli di gradimento tra i diversi esercizi, o tra le reazioni in diverse parti del corpo durante la loro esecuzione. L’esercizio più gradito, perché provoca beneficio nello stiramento, può indicare una condizione di eccesso di energia nel percorso interessato dalla forma; se addirittura lo stiramento suscita senso di fastidio questo indica un eccesso ancora superiore; se invece lo stimolo viene avvertito in modo meno evidente, o più in ritardo, rispetto ad altri si tratterà allora di una possibile carenza di energia nel percorso interessato. A volte la risposta sensibile è più accentuata in una parte del corpo che in altre: anche questo indica una possibile disarmonia nella circolazione energetica. In conseguenza di queste valutazioni vengono selezionati i correttivi per bilanciare la distribuzione dell’energia nella persona.

5) Superamento: qualunque sia la condizione di partenza (all’inizio di un singolo allenamento oppure all’inizio di un percorso di allenamento) la pratica fa conto sulla possibilità di misurare e verificare i cambiamenti positivi, che si manifestano con diversa gradualità a seconda della costanza, intensità, dedizione e capacità di risposta di ognuno. E vedremo come ciò che si verifica sul piano fisico si estenda ben presto ai diversi piani in cui si esprime la nostra vitalità.

Insegnando Qi Gong ho imparato che l’allenamento si perfeziona per gradi:

Tiao Shen:
regolare e armonizzare il proprio corpo

Tiao Xi:
regolare e armonizzare il proprio respiro

Tiao Xin:
regolare e armonizzare il proprio cuore

Si tratta di un passaggio che si realizza puntualmente in ogni forma utilizzata per “Padroneggiare la propria energia”.

Nello Zen-Stretching® questi passaggi diventano il naturale risultato della continuità nell’allenamento. All’inizio ci si (pre)occupa soprattutto di riprodurre posizioni e movimenti adattando il proprio corpo alle varie forme. Man mano che procediamo nella pratica emergono però altri livelli di attenzione: non basta più sapere se “ho fatto bene gli esercizi”, ma diventa importante sapere dove e come questi “si fanno sentire”, come “mi fanno sentire”.

A quel punto siamo in grado di valutare la nostra risposta collocandola in una gerarchia di considerazioni, da cui possiamo desumere lo stato della nostra circolazione energetica e confrontarla non soltanto con la nostra condizione fisica, ma anche con le conseguenze della diversa disponibilità di energia nelle funzioni vitali fondamentali.

Poiché efficacia e benessere dipendono da un buon equilibrio, dinamico e funzionale tra i vari aspetti dell’energia nella persona, abbiamo tutto il vantaggio nell’applicare i provvedimenti adeguati per ricaricare (esercizi di tonificazione) gli aspetti carenti e ridistribuire (esercizi di dispersione) quelli in eccesso. Per verificare se abbiamo individuato le azioni corrette per noi in quel momento, al di là del fatto di “sentirci meglio” e “funzionare meglio”, possiamo eseguire una serie di esercizi di monitoraggio e avere così un riscontro se effettivamente quello o quelli che si evidenziavano come “più difficili”, o “più faticosi”, o “più dolorosi” danno ora una risposta comparativamente più accettabile.

L’introspezione va però oltre questo livello. Studiando le corrispondenze tra i percorsi energetici stimolati dai movimenti e gli aspetti vitali governati da questi, con il tempo è possibile e soprattutto interessante individuare la relativa corrispondenza tra, poniamo, un esercizio “più pesante” e le funzioni a esso collegate, che facilmente mostreranno diversi gradi di disarmonia o inefficacia.

Nel linguaggio della pratica di Zen-Stretching® questi esercizi dimostrano che utilizziamo in eccesso quella capacità vitale, che poi mostra i segnali di stanchezza. Di solito lo facciamo per un ottimo motivo: quella capacità vitale è un nostro punto di forza ed è normale che ci si affidi anche oltre il necessario, in quanto è probabile che istintivamente compensi una carenza verificata in un altro aspetto vitale, che nello Zen-Stretching® si rivela con una relativa facilità/comodità di esecuzione dell’esercizio corrispondente.

Individuare queste differenze nell’esecuzione consente dunque una migliore CONOSCENZA del proprio vissuto interiore, un più attento ASCOLTO delle proprie reazioni, una benefica ACCETTAZIONE di una propria debolezza, una VALUTAZIONE non giudicante ma discriminante delle proprie risorse, e infine un SUPERAMENTO di eventuali conflitti interiori non risolti. La pratica non consente soltanto di riconoscere le differenze, ma anche di utilizzare i correttivi più efficaci a modificare e riequilibrare la distribuzione dell’energia tra le diverse parti del sé, riversando il riequilibrio a ogni livello.

Un’attività molto affine a questo lavoro di introspezione è l’autoipnosi, che consente di realizzare una condizione di profondo rilassamento, importante per superare le resistenze della funzione critica in quanto induce uno stato di suggestionabilità che ci rende più ricettivi ad accogliere le proposte di cambiamento ritenute benefiche.

Per questo è significativo accompagnare la pratica dello Zen-Stretching® con momenti di meditazione e rilassamento: preparano il praticante a mettere da parte le proprie resistenze, così da acuire la sensibilità in ogni aspetto, dar voce alle sensazioni e accettare l’interpretazione spontanea del subconscio. L’induzione di rilassamento profondo è parte essenziale della pratica di Zen-Stretching®, sia durante le sedute di gruppo che nelle sedute individuali, in cui l’autoipnosi gioca un ruolo fondamentale.